Compravendita immobiliare e risoluzione per mancanza dei requisiti per ottenere l’abitabilità in concreto

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Un immobile sprovvisto dell’agibilità non è incommerciabile in senso tecnico, ma subisce esclusivamente un deprezzamento rispetto al valore che avrebbe in caso contrario, sia in relazione all’impossibilità di pieno godimento dello stesso, che in considerazione delle spese che si renderanno eventualmente necessarie al fine dell’ottenimento dell’agibilità.

Solo qualora alla mancata consegna si accompagni l’assenza dei requisiti sostanziali per l’ottenimento della certificazione di agibilità, deriverebbe una lesione del diritto dell’acquirente, che non potrebbe vedere soddisfatto il suo interesse alla compravendita di un immobile idoneo all’uso da lui desiderato; qualora, invece, manchi la documentazione, ma siano presenti in concreto i requisiti richiesti dalla legge per l’agibilità, non si potrebbe attivare il rimedio della risoluzione, dovendo essere verificata in concreto l’importanza dell’inadempimento, che qui difetterebbe.

Le parti prevedevano testualmente che:

in data XXXX la società dante causa della parte venditrice ha presentato la richiesta del certificato di agibilità, per la quale il comune stesso ha comunicato con lettera prot. XXX del XXXX, la richiesta di ulteriore documentazione. Le parti convengono che la parte acquirente provveda a propria cura e spese a fare quanto necessario per il rilascio di detto certificato.

In primo grado il giudice ha ritenuto che detta clausola comportasse una rinuncia al certificato di agibilità ritenendo dunque valida la vendita.

Il Giudice di Appello invece, ha ritenuto che: “non solo dal tenore letterale della clausola, ma dalla comune intenzione delle parti, come desumibile anche dalle ulteriori clausole contrattuali riguardanti le garanzie di conformità edilizio-urbanistica e catastale rilasciate dal venditore, all’accordo in questione debba attribuirsi il significato che l’acquirente si accollava sì gli oneri e il rischio del completamento della pratica già avviata presso il Comune, e però sul condiviso presupposto per cui l’immobile compravenduto fosse effettivamente nelle condizioni di conseguire il rilascio del certificato. E’ chiarissimo infatti, ed è conforme anche ad una interpretazione complessiva di buona fede dell’accordo, che qualora l’acquirente avesse conosciuto o potuto conoscere che invece la pratica di rilascio dell’abitabilità già presentata non aveva alcuna speranza di successo, e che comunque l’appartamento acquistato non godeva di tutti i requisiti per l’ottenimento di tale certificazione, non si sarebbe mai accollata un rischio di tal genere.

L’assunzione di responsabilità al riguardo da parte dell’acquirente non può non ritenersi dunque che limitata al completamento della pratica già in corso, e nei limiti in cui essa appunto avesse avuto possibilità di successo […] Il CTU ha anche evidenziato che l’appartamento, nelle condizioni in cui versava all’atto del trasferimento, non possedeva i requisiti per l’ottenimento dell’agibilità e dunque la pratica a suo tempo presentata in Comune non aveva chances di accoglimento”.

Contratto risolto

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