Il recesso della banca dal contratto

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La Banca può recedere dal contratto -generalmente di conto corrente, mutuo, fido- solo per giusta causa, recesso che si differenzia dal recesso ad nutum e che può essere esercitato anche in assenza di una giusta causa.

Il recesso sospende immediatamente l’utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.

Se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.

Pur in presenza di un diritto di recesso in capo alla banca in costanza di rapporto di apertura di credito bancario, la relativa situazione giuridica soggettiva va esercitata non solo nel rispetto delle regole di legge e di contratto, ma anche secondo una condotta che non trasmodi nell’abuso del diritto, imponendo cioè a controparte un ingiustificato sacrificio delle proprie ragioni: come quando, a fronte di fatti solo pretestuosamente allegati o non rispondenti al vero o ai reali interessi della banca, questa provveda in modo arbitrario e scorretto alla revoca degli affidamenti, recedendo dal rapporto di apertura di credito.

La causa del recesso deve essere esplicitata a chiare lettere e non può consistere in una situazione comunque conosciuta dalla correntista (coinvolta in un’azione penale per fatti di reato commessi ai danni di alcune banche tra cui la stessa controparte del giudizio civile, azione poi conclusasi con assoluzione) o da esso facilmente conoscibile poichè “non potrebbe dirsi perfezionata una manifestazione di volontà di recedere “per giusta causa”, che non indichi tale causa”.

Peraltro, anche se pattiziamente consentito in difetto di giusta causa, il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito sia da considerare illegittimo, ove in concreto esso assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari; connotati tali, cioè, da contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai comportamenti usualmente tenuti dalla banca ed all’assoluta normalità commerciale dei rapporti in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista creditizia per il tempo previsto, e non potrebbe perciò pretendersi sia pronto in qualsiasi momento alla restituzione delle somme utilizzate, se non a patto di svuotare le ragioni stesse per le quali un’apertura di credito viene normalmente convenuta.

Casistica:

si è reputato giustificato il recesso, quando vi fossero condotte, poste in essere dal cliente, idonee ad incrinare la fiducia nei successivi adempimenti ai propri obblighi: come nel caso dell’esistenza di concreti segni di affievolimento della credibilità commerciale della debitrice, consistenti nella richiesta di proroga di due ricevute bancarie, nel mancato pagamento alla scadenza di un’altra ricevuta e nella lettera di un cliente, che aveva rifiutato di onorare un’ulteriore ricevuta bancaria emessa, negando che vi fosse stata la relativa fornitura;

si è ritenuto contrario a buona fede il recesso, allorchè la sola allegazione della banca consisteva nell’avere il debitore e il garante compiuto atti di disposizione del proprio patrimonio, sì da diminuire la garanzia del credito, ma senza che tale inidoneità patrimoniale fosse provata in nessun modo, ed anzi in presenza, da parte del debitore principale, dell’analitica specificazione dei cespiti oggetto del patrimonio, suo e dei fideiussori e della consistenza di tali beni, posti a presidio degli obblighi assunti e senza che neppure fosse stata richiesta dalla banca, nel caso che del loro valore si dubitasse, di una c.t.u., volta all’apprezzamento degli stessi.

La conseguenze

L’eventuale mancato rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede ex art. 1375 c.c. nel porre in essere il recesso da un rapporto di conto corrente  – qualificato in giurisprudenza come “rottura brutale del credito” – non potrebbe mai comportare l’invalidità del recesso stesso e l’obbligo, per la banca, di ripristinare le linee di credito nel loro originario ammontare. Tutt’al più potrebbe configurare il diritto del correntista di ottenere il risarcimento del danno eventuale subito, che è onere del correntista chiedere e provare.

Il danno risarcibile

L’illegittima interruzione del credito da parte dell’intermediario genera una serie di conseguenze (impossibilità di eseguire transazioni in conto corrente fino all’apertura di un nuovo rapporto presso un altro istituto bancario; impossibilità di saldare i debiti esistenti; blocco delle operazioni di acquisto e di vendita; impossibilità di saldare i canoni locativi dell’azienda; inutilizzabilità del servizio RID) suscettibili di determinare la drastica riduzione dell’attività di impresa.

La privazione delle disponibilità creditizie su cui il cliente abbia fatto affidamento, pur attuata nell’esercizio del diritto previsto dall’art. 1845 c.c., deve avvenire con una tempistica idonea a consentire al cliente stesso il reperimento della provvista per coprire il saldo del conto e le ulteriori disponibilità creditizie necessarie per la sua attività, salvo che il recesso repentino ed immediato sia giustificato da circostanze oggettive. Il recesso della banca dall’apertura di credito a tempo indeterminato, qualora sia “abusivo”, deve ritenersi inefficace, quanto meno per il periodo di tempo ragionevolmente necessario per consentire al correntista di reperire la provvista necessaria, anche tramite il ricorso a crediti alternativi presso il ceto bancario

Il danno che ne deriva, non facilmente determinabile (in quanto fondato soprattutto su presunzioni), può essere determinato in via equitativa.

Il cliente è tenuto, peraltro, a provare (in modo non generico), oltre al danno in sé considerato, anche il nesso causale tra l’illegittimo recesso della banca dal contratto di apertura di credito e il danno risarcibile.

A maggior ragione è risarcibile il danno procurato ad opera dell’Istituto che in pendenza del termine di preavviso, fissato per la restituzione delle somme,  abbia  proposto ricorso per decreto ingiuntivo e iscritto ipoteca sui beni della società e dei fideiussori, a patti che i debitori, nelle more del termine abbiano comunque adempiuto.

La segnalazione

Nel momento in cui il cliente ritenga di aver subito un recesso ingiustificato, può segnalare il comportamento irregolare dell’istituto di credito presentando un esposto alla Banca d’Italia, la quale si limita, non potendo fare altro in merito ai rapporti contrattuali tra le parti, a esercitare la propria attività di vigilanza e controllo.

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