Un ente pubblico conveniva in giudizio l’intero pool di progettisti, tecnici, esecutori e impiantisti di un’opera realizzata (trattavasi di una innovativa costruzione da adibire a impianto sportivo a uso commerciale, dotata di un impianto solare e di una centrale a biomasse) lamentando rilevanti vizi e difformità rispetto al progetto esecutivo.
L’ente oltre a concludere per l’eliminazione dei vizi, formulava una richiesta risarcitoria di € 2.000.000,00 – non totalmente peregrina – lamentando diverse voci di danno (danni architettonici e strutturali, costi dei ripristini e della messa in opera degli impianti, mancata fruibilità dell’opera, mancato guadagno anche per l’inefficace surplus energetico, danno all’immagine).
La difesa del nostro assistito – che aveva rivestito il ruolo di collaudatore statico – è stata articolata e tecnica:
In punto di diritto si è contestata la solidarietà tra i vari convenuti: gli inadempimenti materiali e tecnici erano autonomi e privi di collegamento eziologico con il ruolo di collaudatore rivestito dal cliente, in particolare, i presunti vizi erano riferibili alla fase esecutiva e impiantistica della realizzazione.
Si è fatta poi luce sull’iter amministrativo e delle diverse modifiche dei progetti in corso d’opera sicché l’opera realizzata era “conforme” al progetto statico da ultimo approvato.
Si è contestata ogni voce singola voce di danno richiesta rilevando altresì il concorso dell’ente per l’omessa manutenzione degli impianti.
Dopo una complessa fase giudiziale introduttiva, complessità dovuta anche al numero delle parti in causa (oltre 15), a seguito di una perizia sull’opera realizzata, è effettivamente emerso – come era stato eccepito – che molti dei vizi (esecutivi) erano imputabili anche allo stesso committente per l’omessa manutenzione dell’opera, che la costruzione da ultimo approvata – e in particolare gli impianti – non avrebbe generato alcun surpuls, circostanza che vanificava anche quanto richiesto per il preteso mancato guadagno.
Alla luce delle risultanze peritali e di altre problematiche processuali “tecniche”, l’ente ha preferito transigere la controversia provvedendo alla trasformazione dell’opera e riducendo la pretesa risarcitoria ad € 80.000,00 (il nostro assistito ha corrisposto meno di € 2.000,00).
La vicenda, peraltro, ha avuto importanti riflessi penali: imputazione per i reati di truffa ai danni dello stato e falsità ideologica aggravata. Il cliente è stato assolto con formula piena.