Il creditore personale del singolo coniuge la facoltà di soddisfarsi, sia pur sussidiariamente, sui beni della comunione, entro una soglia corrispondente alla “quota” del predetto obbligato.
Tale facoltà, che abbraccia anche ragioni creditorie nate prima del matrimonio, può essere neutralizzata dal debitore, eccependo il beneficium excussionis, ossia indicando i beni personali del coniuge obbligato.
Il pignoramento di un bene in comunione legale – poichè trattasi di comunione senza quote – impone che l’espropriazione abbia ad oggetto il bene comune nella sua interezza e non per la sua metà.
Ne conseguirà lo scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita o assegnazione, con il diritto del coniuge non debitore a percepire la metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione sui quali il titolare della pretesa può soddisfarsi.
Il coniuge non debitore può – o meglio deve – rivendicare la metà lorda non potendo far carico al predetto le spese di una liquidazione che ha luogo contro la sua volontà.
Però, quando il debito cui si riferisce il titolo esecutivo rientra fra quelli che gravano sui beni della comunione, è irrilevante che il titolo inerisca uno solo dei coniugi, poiché quand’anche ottenuto nei confronti dell’uno deve ritenersi efficace nei confronti dell’altro. Il non debitore assurge a parte necessaria procedimento di espropriazione forzata del bene, sol che si consideri che il cespite è oggetto di una contitolarità solidale discendente dal regime della comunione coniugale.
Il coniuge non debitore assume le medesime vesti processuali dell’esecutato e come tale va trattato, tanto da consegnarsi all’applicazione delle medesime regole cui soggiace l’obbligato “diretto” e da fruire dei medesimi strumenti di tutela.
Dunque, ha diritto di ricevere notificati tutti gli atti esecutivi – potendo in caso contrario opporsi alla procedura “per l’intero” -.
Essendo parte processuale “pignorata”, non potrà acquistare l’immobile pignorato ma potrà ottenere l’autorizzazione ad abitarlo finché non sia stato venduto.
Dunque, anche il coniuge non debitore è certamente legittimato ad insorgere con le opposizioni agli atti esecutivi e può avere interesse a eccepire l’improcedibilità del pignoramento, improcedibilità che – molto spesso e soprattutto nelle procedure più “datate” – , si verifica qualora il pignoramento non sia stato notificato e trascritto, oltre che nei confronti del coniuge debitore, anche del coniuge non debitore, ovvero quando la trascrizione del pignoramento non sia stata rinnovata; non potrà, invece, invocare, attraverso l’opposizione di terzo l’esclusione dall’espropriazione di una quota in natura del bene, posto che fino allo scioglimento della comunione, non è titolare di nessuna quota.
Se il coniuge non debitore non si attiva – per tempo – per tutelare le proprie ragioni anche in presenza della comunione ex art. 177 c.c., vige il principio per il quale dopo l’assegnazione, l’eventuale nullità degli atti precedenti non influisce sull’acquisto dell’immobile pignorato, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente.